Il giorno dell’inaugurazione di Casa Maia, 25 ottobre 2020
Maia se n’è andata a 12 anni, il giorno dopo Ferragosto, nell’unica settimana dell’anno in cui il papa lavora di meno. Era nata la sera di giovedì 13 marzo 2008, quasi alla vigilia del week-end.
A lei non piaceva disturbare, essere di peso, chiedere. Lei viveva per fare e per dare. Sostegno, gioia, compagnia. Sagace talvolta, con la battuta pronta, ma sempre discreta e gentile.
Amava leggere – divorava in due giorni un libro fantasy di 1000 pagine – e scrivere, indagare, inventare. Sognava di diventare un ingegnere meccatronico, costruire robot.
Energia e forza di volontà a profusione. Fino a un anno fa una salute di ferro.


In un punto dei suoi diari scriveva: “Dai, non è andata tanto male, forza Maia, che ce la farai!”. E quando riusciva a portare a termine un compito particolarmente difficile o escogitava un’invenzione brillante, esclamava soddisfatta: “I’m a genius!”.
Un’amica mi ha scritto: Mi ricorderò sempre il modo in cui ti guardava, a metà tra “cielo, mia mamma è matta” e “devo badarla io”, quegli occhi spalancati che osservavano e accumulavano consapevolezza.
Francesco Pieri, il nostro Ben degli scout mi ha scritto: si è sempre visto che Maia era una bimba che di amore ne riceveva molto, perché era già pronta a donarne tanto: ricordo quando diventò capo sestiglia, non vedeva l’ora di prendersi cura delle sue Cocci.
Maia desiderava tanto una sorellina perché -diceva- ho tanto da insegnare ma tutti in casa siete più grandi e sapete già tutto!
Invece ci hai insegnato moltissimo Maia. Il valore della pazienza. La chiarezza. L’anelito a capire fino in fondo, il desiderio di spiegare bene. A combattere sempre, anche quando il nemico è invincibile. Sopra ogni cosa, ad amare la vita.